In diretta dall'Asia

Toh Hsien Min

Da un anno cerco di scrivere un post su Toh Hsien Min, uno dei maggiori poeti di Singapore, probabilmente il più interessante nella generazione entro i cinquantanni.

Intendevo cominciare con una panoramica sui grattacieli che circondano il bacino di Marina Bay, quello dove si è costruito negli ultimi dieci quindici anni – con una accelerazione recente che ne sta facendo un’icona turistica per l’Asia intera.

La panoramica dovrebbe terminare sui parallelepipedi blu – o trasparenti, o meglio ancora translucenti di luci da scrivania, scrivanie che ospitano gli operatori finanziari di una tra le piazze appunto finanziarie più importanti dell’Asia, e svelare che su una di quelle importanti scrivanie siede il mio importante poeta.

Dedito, mi spiega lui, a “costruire modelli di aggiustamento dei default”. Gli ho chiesto: sarai mica uno di quelli che han combinato il megacrac? Dice no, semmai i miei modelli servirebbero a rientrare. Ma io sono solo un matematico, di soldi non ne so nulla. Dunque finanziario, matematico, poeta, di cognome fa Toh e Hsien Min di nome.

Mi piace spendere del tempo con lui, ma la difficoltà a raccontarlo deriva dalla difficoltà nel parlargli. Uno slang stretto in quello che loro definiscono Singlish, bofonchiato da un piccoletto incline al gioco di parole, e che le parole, come si dice, se le mangia, e mi rende quasi impossibile mantenere l’attenzione accesa per più di un’ora o due.

Insomma: si resta ai preliminari. Che sono una cena autenticamente local (questa piazza finanziaria è anche turistica e gourmet, ma lui mi porta in un quartiere popolare, dove sotto una grande tettoia stanno le baracchette degli hawkers, come dicono qui, sportelli dietro ai quali si confezionano pietanze insuperabili: altro che chef internazionali!) Insomma io mangio, lui si mangia le parole. Non la Parola, che è il suo vero mestiere e la sua passione: ma questa me la regala solo in forma scritta, sorry.

Il lavoro piu importante di Hsien Min è Means to an End, una raccolta di poesie che l’anno scorso era tra i tre finalisti del Singapore Literature Prize, assieme a una raccolta di racconti e a un romanzo (e a quello, City of Small blessings di Simon Tay, è andato il premio). Alcune sue poesie sono uscite anche in una curiosa antologia si Ethos Books: singaporeani tradotti in italiano e un italiano, Tiziano Fratus da Torino, tradotto in inglese. L’antologia si chiama Double Skin, forse in qualche libreria di Torino…

Peccato, noi non ce la facciamo a fare poesia. Ma forse, con l’imporsi dell’e-book…

Mannaggia, riuscissi a parlarci con più facilità. Qui mi confermano: sì lui spesso si esprime in modo criptico, poco comprensibile. È quasi un gergo underground. Mi domando che gergo usi nel suo ufficio di luci e vetri (però di giorno appare di un blu intenso).


Categoria: Singapore



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