In diretta dall'Asia

Feng Tang. Un inizio e una cena

Qui si parlerà di una cena finita con la testa di uno scrittore dentro alla ciotola della sua minestra, e russava pure. Attorno al tavolo, tondo come usa qui, un fotografo di moda e pubblicità con lo sguardo fisso nel vuoto per non tradire l’ubriachezza, e uno scrittore più giovane, piuttosto brioso, anche lui sull’andante mosso, che mi ripeteva: you are a good drinker!

Niente male per un Italian publisher and writer dai capelli bianco latte. Il publisher cinese seduto a fianco a me appariva visibilmente soddisfatto della cena che aveva organizzato, sua moglie aveva passato la serata a brindare con ciascuno di noi con il suo tè, mentre noi rigorosamente, secondo rituale, facevamo il giro del tavolo clockwise a brindare uno per uno a ‘vino cinese’: un distillato di grano. Come la vodka, avevo commentato, ma loro non sapevano bene.

Lu Jimbo oltre che di Han Han e Annie Baobei, è l’editore cinese anche di Feng Tang, che parla un po’ di inglese e chiarisce subito: niente letteratura, questa sera, siamo qui per divertirci. Al punto che non solo io passo la serata senza sapere niente di lui, ma perfino i nostri scambi di battute in un suo inglese approssimativo sono rari, Lu Jimbo è ancora più basico e il risultato sono lunghe pause nelle quali loro discorrono in cinese, ma neanche tanto (e ce n’è sempre almeno – dico almeno – un paio attaccati al telefonino a scorrere la loro posta o chissà che: ma è così tutta l’Asia orientale, negli ultimi mesi). E’ per questo che i brindisi sono frequenti, perché dopo esserci detti con fatica che io sono di Milano e lui di Hong Kong viene comodo chiudere lo scambio alzando il bicchierino di liquore trasparente, secco, e che non lascia strascici apparenti. Ma qui la domanda è: a che mi serve tutto ciò, per descrivere la middle class delle grandi metropoli d’Asia? Poco o nulla, si potrebbe rispondere. Eppure qualcosa registro. Registro che le relazioni personali, qui, anche quelle tra professionisti che hanno rapporti di lavoro, mantengono un sapore antico: per me che vengo dall’Italia degli ultimi tre decenni, di sicuro. Mi ricordano rituali popolari dimenticati, vicinanze più semplici e dirette, una forma di serenità che i nostri micro e macro operatori dell’industria culturale (e televisiva, e della pubblicità e della comunicazione in generale) devono poi andarsi a cercare in qualche corso di Yoga o Hammam, perché se la son persa per strada, poveri loro.

Qui io, equivocando milanesemente, indosso una giacca di velluto a coste, nera. La moglie di Jimbo ha il vestito lungo, certo, ma lui si presenta con un giubbottino chiaro leggero (per inciso: sono atermici questi cinesi, vestiti uguale dentro al ristorante e fuori nella serata gelida dell’incipiente inverno pechinese). Il fotografo (di moda) è in tuta, siamo contenti perché abbiamo i capelli lunghi tutti e due (però i miei sono bianchi, i suoi neri: brindisi), lo scrittore e editor che si addormenterà ha un maglioncino beige, e il mio Feng Tang una qualsiasi maglietta e un cardigan di cotonina leggera: è un businessman vero, lui, mi dice Jimbo. E’ il pezzo di conversazione più lungo che intratteniamo, dopo un po’ di bicchieri, ma prima che i bicchieri diventino troppi e lui si spenga un po’. Perché Lu Jimbo presenta anche me, come tale: Andrea è un businessman. Si riferisce alla mia società di microfinanza, e a un mio passato tra chinotto e cocacola. Io abbozzo, faccio poche parole: mi interessano di più le sue: Feng Tang ha molto da dire.

Comincia sviandomi: ho a che fare con sei ospedali. Poi nomina la McKinsey e io pian piano riesco a ricostruire: ne è consulente, immagino nel campo della gestione ospedaliera, dell’organizzazione dei servizi sanitari in genere. Lavora anche nel no profit, sempre in campo sanitario: Feng Tang è un laureato in medicina che decide di andare a studiare business administration negli USA, e intanto comincia a scrivere racconti e romanzi, che – ho giracchiato un po’ su Internet – una giornalista intervistandolo definisce ‘erotici’. Io non credo siano tali: credo si tratti di un genere che in Italia conosciamo: il romanzo del giovane professionista disincantato, che sa che quel che conta è vincere, e che chi vince scopa di più. Ma in Feng Tang scovo una vena differente: come se, appunto, pezzi di passato si sovrapponessero a un presente che in Italia ci ha messo tre generazioni a realizzarsi, qui gli è esploso tra le mani nel giro di ventanni: e la reazione del narratore, il suo tono, è di disperata ricerca di un filo a cui aggrapparsi.

Per esempio nel racconto pubblicato su Pathlight (rivista che traduce in inglese racconti cinesi dell’oggi), “Mahjong”, quel che colpisce non è tanto la vicenda in sé (una donna in carriera che non sa come scegliersi un uomo – ricco – o come scegliere tra marito e carriera, tra famiglia e vita sociale) e che finirà con l’avere una figlia senza un padre biologico riconoscibile: già visto, no? Ma colpisce il tono della lunga discussione previa, a tavola, tra i vari membri del suo team di analisti di mercato l’elaborazione di una strategia di selezione e attacco, tra colleghi che paion solidali (anche se l’io narrante, il capo del team, le dirà: lascia stare il marito, resta qua a lavorare con noi e io ti coprirò d’oro: e questo è Feng Tang).

La definizione di ‘romanzi erotici’ penso provenga da abitudini antiche, pure queste: ancora pochi anni fa la censura infieriva su frasi castissime, e ha poi mollato il freno di colpo e lasciato passare robaccia buona per lo scandalo (degli occidentali): in genere scritta da giovanissimi. Feng Tang, che ha solo due romanzi dei suoi cinque tradotti in francese, è più vecchio (glie ne avrei dati poco più di una trentina, ma è già oltre i quaranta. E’ smilzo, alto, un fascio di fibre forse consunto dal tempo che passa). E il tono che esibisce nel suo blog non ha nulla dello showman: è un uomo che ci pensa su. “Da piccolo, quando eroicamente cercavo di crescere, guardavo spesso film impegnati e rimanevo colpito dal livello di perversione della mente umana. Vedevo specco anche film porno (…) e pensavo: perché la tempesta non arriva con tutta la sua furia? (citando Gorky). Perché i film impegnati non possono coincidere con i fil porno?”

Già, visto, dalle nostre parti. Magari detto da qualche critico radical giovanilista. Ma qui che sapore ha, mi domando: a chi si riferisce visto che quando scrive non scrive per tutti, ma solo per un ceto sociale esiguo e stretto nelle sue fortezze metropolitane (ogni tanto mi domando: come fanno, in Cina, a fare una tv generalista? Come fanno a prenderli dentro tutti, consulenti Mc Kinsey e contadini. In India hanno inventato Bollywood, e un’estetica anche musicale che attraversa ogni ceto sociale – perfino ogni casta: qui sono ancora lontani, credo.) Feng Tang dovrò incontrarlo di nuovo, capirci meglio. (Tra l’altro: nato nel ’71, 18 anni nell’ottantanove fatidico: che se ne fece, lui?)

La cena di middle class, in un ristorante di spicco, si conclude con l’uomo che ha la testa nella scodella di noodles portato a casa da un parente chiamato apposta per guidargli la macchina, con il fotografo che scompare dentro a un taxi gettandomi uno sguardo di intesa denso di ‘vino cinese’, con Feng Tang che se ne va su una bicicletta elettrica scassatella, e con noi a cercare il nostro taxi che, nella notte del sabato di Pechino, non si trova mai. Quando finalmente arriva, è per me. Li lascio lì nel gelo, Jimbo e la nuova moglie Pechinese, il motivo per cui sta spostando qua la sua attività editoriale, da Shanghai.

La domanda è: che relazione c’è, nel cambiamento generale, tra la modificazione delle abitudini sessuali e dei rapporti di coppia e famigliari da un lato, e il mantenimento di abitudini popolari più sane, serene, conviviali, divertite assai? Riescono a salvarsela, appunto, un po’ di serenità, di immediatezza, di semplicità?


Categoria: Cina


2 Comments

  1. luca says:

    ma il giorno dopo com’era? leggo tutti i tuoi post e mi piacciono. però vorrei scrivere a annie zaidi e invece (mio analfabetismo informatico) non ci riesco. ho letto il suo libro a kabul e mi ha incantato

    • Andrea Berrini says:

      Il giorno dopo, sorprendentemente, stavo benissimo. Questo ‘vino cinese’ è portentoso.
      Quanto a Annie Zaidi sì, Known Turf – I Miei Luoghi è ottimo, spero di esser riuscito a venderlo un po’ in giro a Francoforte (intendo: altri paesi, altri editori). Siamo in attesa di risposte. Lei ha una sua rubrica su DNA Mumbai, ripresa e tradotta in italiano da China Files.
      E quanto a Feng Tang, attendo di ricevere i suoi due romanzi in francese. Sono su Amazon: chi volesse provare a leggerseli…

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