In diretta dall'Asia

Pensieri in vacanza

Questa settimana, che segue le celebrazioni del Giorno dell’Indipendenza della Repubblica, è per consuetudine settimana di vacanza in Cina (il che mi sorprende perché sapevo che le fabbriche chiudono solo per il Capodanno Lunare, ma può ben essere che ci sia un regime per le fabbriche e uno per gli uffici, quanto meno per gli uffici di questa capitale che non mi appare stakanovista: negozi aperti, infatti, ma uffici chiusi). Soprattutto, vacanza per gli scrittori, gli intellettuali, i giornalisti , gli artisti e gli script writers: cinesi, però! Perché invece gli europei sono tutti qua. E allora aspettando Zhu Wen, Zhang Yueran, Ou Ning, Xu Xing, A Yi – tutti che mi danno appuntamento l’8 di ottobre: sarà una giornata densa – e il ritorno di Lijia Zhang che s’è fatta il full moon party domenica scorsa, e poi è volata via, ecco che incontro i miei conterranei.

Bel tipo Beniamino Natale, corrispondente Ansa, dieci anni qui dopo dieci anni di India (e un paio di libri su quell’area  per una casa editrice romana, Memori, che capisco lui senta un po’ come sua: tanto che mi preannuncia una pubblicazione di una romanzo cinese: un giallo, con una donna come autrice. In sostanza: invece di stare a lamentarsi della scarsa qualità che si trova in giro, sceglie la sua via: proviamo con il giallo come genere, vediamo se lì si evitano le pastoie abituali, il giovane scrittore costretto a imitare – o a confrontarsi – con i predecessori, la necessità (o l’ossessione) di spiegare tutte le volte che cos’è la Cina, cosa succede ora, cosa successe in passato: un giallo, giallo e basta.

Natale mi fa riflettere: anch’io mi trovo in questa doppia posizione, lo scrittore e lo scout: con una differenza, che, dicendo lui ‘noi’ riguardo a Memori, mi fa comunque capire di non essere coinvolto nel processo  di direzione della casa editrice (è a Pechino!), nel processo di fabbricazione del libro in carta e ossa, insomma (anch’io sono a Pechino, ma spesso m’attacco alla posta e a Skype a occuparmi di Metropoli d’Asia e pure di un0altra società! Megalomania?)

Sì megalomania.

Il progetto di Metropoli d’Asia comportava sicuramente una narcisistica aspettativa di onnipotenza. Vero, che la partenza con Giunti fu una partenza col piede sbagliato (redazione narrativa allo sbando, guerre interne per bande, direzione editoriale nevrotica e, nella sostanza, assente). Ma se anche fossi riuscito a trovare le persone giuste fin dal primo momento (come quelle che ci lavorano ora), io mi spingevo troppo in là.

Cosa immaginavo? Pretendevo, in sostanza, di trovare dei referenti nei maggiori paesi (India, Cina, magari un paese del Sud Est, magari l’Indonesia), con i quali stringere ‘partnerships strategiche’ che intendevo come puri e semplici interventi di equity – traduco: investire dei soldini in società editoriali locali già avviate. Non è che fossi proprio pazzo: ho fatto la stessa cosa per quindici anni in un settore completamente diverso, il microcredito, e con risultati eccellenti da ogni punto di vista: l’idea era: clonare Cresud (la società di microcredito, appunto), e aprirmi una via nell’editoria asiatica.

Sinergie! Wow, che bella parola. Da laggiù avrei avuto uno scouting praticamente gratuito, e acquisendo poi i diritti mondiali di un libro avrei potuto avere in automatico la pubblicazione in paesi diversi. Tutto giusto, per carità: ma che fatica!

Era come se mi fossi autotirato per i capelli: dalla semplice intuizione: son a Bombay, ci sono degli autori nuovi, di valore, da proprorre, fino al megaprogetto. Che si è arenato è vero, davanti all’inaffidabilità di Giunti Editore, e poi di una crisi che avanza anche in Asia (crisi dell’editoria: già da un po’ piangono in India, ora si piange anche in Cina). Ma che era comunque troppo.

E allora, continuando con queste considerazioncine in vacanza, a mo’ di una ciliegia tira l’altra, mi vengono le seguenti associazioni di pensiero.

Prima penso a una registrazione a Radio Popolare, a Milano, dalla mia amica Bruna Miorelli. E io che spiego cos’è l’Asia, cosa mi aspetto dai narratori più giovani, cosa trovo nelle città. E facciamo delle belle chiacchiere. Fin qui tutto bene, fino a quando lei mi dice: beh, un lavorone! E io, ineffabile: beh, questa è solo una parte. Perché? Qual è la seconda parte?La mia risposta fu splendida: la parte industriale! Mi ricordo Bruna attonita, io avevo in mento tutto quel che sapete, ma lei forse pensava di aver capito male. La trasmissione si chiude così: industriale.

Associazione diretta: pochi minuti dopo Bruna Miorelli mi porta nell’ufficio del direttore Danilo De Biase, me lo presenta: e mi introduce così: un noto intellettuale milanese. Si riferiva ai libri che ho scritto, e pubblicato. Ben, io quella frase me la metto in saccoccia e me la porto in giro per almeno un mesetto: e corrobora, sentirla in tasca, altro se corrobora.

E allora ancora associazione: Annie Zaidi, quando le comunico via mail che la traduzione di Known Turf – I Miei Luoghi – è completata, il libro è stampato è c’è una data di uscita. La sua risposta è praticamente la stessa: ora almeno ho un motivo per essere felice nelle prossime due settimane (a lei dura meno, non saprei).

Insomma: che fragilità, ‘sti scrittori. Da una parte una necessità quasi fisica di riconoscimento, di approvazione. Dall’altra la necessità ASSOLUTA di non considerare minimamente il giudizio altrui nel momento in cui si scrive: semmai, ancorarsi alla realtà, alla propria voce, renderla ascoltabile. Affabulare, cercando di tenerli tutti lì a pendere dalle tue labbra, dalla tua musica. (Che relazione poi ci sia col narcisismo e la megalomania cosiddetta industriale, beh, questo va ancora esplorato).

E dunque: che parole tirerò fuori dalla piccola Zhang Yueran (quella che arriva con la macchina strapiena di peluche)?

E dunque ancora: perché poi biasimare Han Han che non ha voglia di parlare in pubblico, che se ne resta nascosto dietro alla sua maschera di rallysta, di blogger. Di scrittore.

E Zhu Wen? Quanta voglia avrà di dir la verità. E A Yi? Bon, scriverò dunque un libro di bugie.

Meglio che mi prepari al traffico del rientro: lunedì 8, scatta l’ora x.

 


Categoria: Cina | India


2 Comments

  1. Gianluca Bozzia says:

    Leggo di un fiato i tuoi post pechinesi e mi sento un po’ più vicino ad un mondo che altrimenti mi appare solamente diverso, a volte penoso a votle minaccioso, ma soprattutto sconosciuto. E’ una cosa che mi accade solo con la Cina, mentre sento l’India o l’Indonesia come casa. Grazie Andrea per questo ponte culturale: non sarà facile avere riconoscenza economica, ma culturale certamente sì!

    • Andrea Berrini says:

      Non capisco bene chi dovrebbe darci riconoscenza economica… forse i cinesi che pubblichiamo? Hmmm…
      Comunque grazie per i complimenti.

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