In diretta dall'Asia

Diario Pechinese: mutazione in timelapse

Zhu Wen può tenersi Wudao, il suo grosso cagnolone bianco, perché abita lontano dal centro, sul quinto anello. Una legge municipale, mi ha raccontato lui qualche giorno fa, ha stabilito che in centro si possano tenere solo cagnolini mignon.

Qui siamo dunque circondati da stranezze di ogni tipo, ne ho visto uno che sarà stato lungo trenta centimetri a dir tanto. Il più in voga è però una specie di barboncino di un color marrone (in Italia non andrebbe molto), selezionato e prodotto dalla Lenovo (società cinese sulla cresta dell’onda nell’elettronica, che recentemente si è comprata un pezzo della Motorola).

L’innovazione è un atout che la Cina sta cominciando a giocarsi sui mercati globali. Quando Lenovo lanciò il primo cagnolino mignon, un po’ più grande, a pelo lungo e più chiaro, orecchie cascanti, il modello spopolò tra i nuovi ricchi pechinesi per un po’, ma aveva dei difetti di personalità evidenti. La componente di ingegneria genetica era infatti data in outsourcing, e anche qui le grandi aziende faticano a parlarsi. Solo quando Lenovo ha sviluppato un proprio settore R&D genetica interno ha potuto raffinare i suoi prodotti per uso domestico e accompagnamento psichico.

Il nuovo barboncino marrone viene in genere presentato a coppie. Muso un po’ schiacciato come i gatti di Pechino – quelli bio, quelli di sempre insomma – quindi più adatto al mercato cinese, in linea dunque con la politica più recente del Partito Comunista che vuole lo sviluppo dei consumi interni, è in grado di adattarsi alle esigenze specifiche di ogni cliente della nuova classe media cinese. Il necessario effetto di rispecchiamento (una volta si diceva anche dalle nostre parti che i padroni tendevano ad assomigliare ai loro cani) viene dunque moltiplicato dal device raddoppiato, ampliando la percezione di sé analogamente a quello che il 3D ha fatto su tutti i supporti video, introducendo la visione prospettica.

Ma le sorprese non finiscono qui, in questa Cina che solo un paio di anni fa veniva considerata arretrata dal punto di vista della qualità industriale e dello sviluppo delle tecnologie di punta.

L’altro giorno passeggiavo per le strade interne al secondo anello, osservando uno stormo di bei colombi bianchi, grigi, e beige. Saranno stati un centinaio, come se ne vedono tanti da sempre a Pechino, in volo sopra ai condomini. Intanto nelle orecchie avevo un forte sibilo, come quello che si sente stando vicino ai grandi tralicci elettrici. Poi, fermo con il naso per aria a godermi le evoluzioni dello stormo, mi sono reso conto che non appena i colombi scomparivano dietro a un edificio il sibilo cessava. Non mi sbagliavo. il sibilo lo produceva lo stormo stesso.

Un amico, consulente dell’Unesco per tutto ciò che riguarda le tecnologie della comunicazione, mi ha spiegato che loro stanno studiando il fenomeno, che si inscrive nella politica ecologicamente friendly della nuova Cina: mostrare all’occidente che al di là dell’inquinamento le proprie metropoli hanno un volto umano: niente meglio di questa iperproduzione di colombi dunque, proliferazione che lui mi dice essere stata ritwittata in massnetworking dai gruppi editoriali occidentali a partecipazione azionaria cinese. C’è un bel video su Youtube/Youku digitando ‘Beijing Dove’, o l’equivalente in cinese. E se il sibilo resta un difetto di fabbricazione, beh, passiamoci sopra.

Tornando ai cani, devo però ammettere che Zhu Wen spesso mi prende un po’ in giro, e non vorrei che quella cosa della legge sul tenere solo i cani piccoli in centro fosse uno dei suoi scherzi.

Per quanto riguarda la fantascienza in Cina se ne fa un gran parlare, ma i temi non sono ancora di questo tipo. E’ della scorsa primavera un numero speciale della People’s Literary Review (tradotta in inglese come Pahtlight e disponibile su Amazon) sul tema. La mia sensazione è che il genere qui non abbia ‘spaccato’ e che semplicemente ci sia una forte ricerca da parte dell’editoria occidentale di qualcosa di nuovo da tradurre, perché la narrativa contemporanea cinese produce poco di importante. In testa a tutti sta Liu Cixin, ma siamo ancora alle saghe interstellari. Certo varrà invece la pena di esplorare una fantascienza sociale rimasta nell’ombra in questo ventennio, quasi una serie B capace di mascherare con intelligenza la critica all’ideologia dello sviluppo così come si manifesta in Cina, e una richiesta di libertà di espressione.

Quel che trovo straordinario è un romanzo proveniente da Hong Kong, tradotto in italiano come Il Demone della Prosperità. Il romanzo è incardinato attorno alla sparizione da ogni documento e dalla memoria collettiva di un mese intero della storia della Cina – evidente il riferimento al giugno ’89 – insomma preconizza un futuro di controllo Orwelliano sulle menti dei cittadini. Ma il romanzo è del 2008, pubblicato a Hong Kong nel 2009, censurato in Cina nel 2010, tradotto in Italia da Longanesi e portato in libreria nel 2012, letto forse da qualche centinaio di italiani nel 2013. E, paradosso, l’azione del romanzo non è proiettata in un futuro remoto, ma è situata proprio nel 2013!

Orwell scrisse 1984 nel 1948. Trentasei anni prima.

Come a dire: il tempo in Cina sta scorrendo così veloce, che anche la fantascienza viene immediatamente sorpassata dal reale.

 


Categoria: Cina



Leave a Reply