In diretta dall'Asia

La guerra delle lingue (2)

Manco a dirlo, dopo il mio post su Doppiozero trovo su la Lettura del Corriere questo appunto del grande Pessoa.

LA GUERRA DEL FUTURO SARA’ LA GUERRA DELLA LINGUA
di FERNANDO PESSOA
La vera grande guerra del futuro sarà la lotta per la lingua che diventerà il linguaggio della civiltà europea, rendendola identificabile in futuro, quando la nostra civiltà sarà già morta, come la civiltà antica è identificabile nel greco. Tutti i veri grandi conflitti sono conflitti culturali. Nel comparire di entità così rudimentali e artificiali come le «lingue internazionali», si vede emergere la tendenza che determinerà il conflitto e che forse lo determinerà ancora per molto tempo. In definitiva, le condizioni di vittoria sono: (1) grande letteratura, (2) efficacia e perfezione della lingua, affinché essa costituisca un allenamento per la mente, (3) auto-sufficienza della lingua, cioè che la lingua sia sufficiente per tutti gli scopi culturali. (Flessibilità e adattabilità della lingua nel tradurre le altre, affinché non vi sia necessità di imparare le altre lingue per leggere la grande letteratura in versione originale). La «grande letteratura» è una cosa molto meno facile da definire di quanto sembri a prima vista. Può significare una letteratura che contiene grandissimi nomi; può significare una letteratura che contiene molti grandissimi nomi; può significare una letteratura che contiene una grande varietà di grandi libri. La letteratura italiana contiene diversi grandissimi nomi, ma non contiene molti grandi nomi nel suo complesso. La letteratura francese contiene molti grandi nomi, ma è un punto discutibile se contenga un singolo nome di primissimo rango — un nome che meriti di stare assieme a quello di Omero o di Shakespeare o di Dante. Inoltre, la letteratura francese è estremamente varia, ma non tanto varia come quella inglese, poiché l’estrema rigidità del francese impedisce qualunque grande oscillazione nelle sottigliezze, liriche o di altro tipo. Non si può tradurre «We are such stuff…» di Shakespeare in francese con nulla che un uomo assennato possa chiamare una traduzione di successo.

Vecchia Europa, la Cina era ancora lontana. E questo appunto su come tradurre Shakespeare: beh, guarda un po’, ieri ho intervistato un traduttore cinese alle prese con l’opera omnia del Bardo, e ce ne sarà da dire. Ma lui, Pessoa, medium è stato, credeva nella scrittura automatica e nelle coincidenze (astrali o meno). Quindi: benvenuto nella mia Cina di oggi, Maestro, grazie della visita.

Da anni mi girano per la testa alcuni suoi versi, dal Faust. Lo riprendo a braccio, più o meno suonava così:

(…) e che un abisso invisibile, una cosa

che non somigliava all’esistenza

occupasse – non lo spazio, ma il modo

in cui io pensavo il visibile.

 


Categoria: Cina | Uncategorized



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