In diretta dall'Asia

Kim Young-ha 2: dissolvenza incrociata

Dopo  la mia passegiata solitaria sulla spiaggia,  dopo la chiacchierata nel caffè.

Apriamo lo sguardo su un promontorio che sembra le Cinque Terre in Liguria, quattro passi insieme. Ma davvero qui l’oceano non sembra tale, forse perchè mare chiuso a oriente dalla lunga serie di isole che compone il Giappone, forse perchè una barriera corallina molto al largo ne ferma l’impeto. Persino la salinità è da mare chiuso, piccolo, l’umidità non impregna di sè il paesaggio, la vegetazione è macchia bassa e sempreverdi ben temperati, cipressi, pini marittimi. Eppure siamo alla latitudine di Tunisi, ma anche di Los Angeles.

In libertà, con i piedi in movimento che gli scrittori prediligono (e me lo conferma) qualche parola di più su sè stesso. E’ nato a un chilometro dalla striscia demilitarizzata, la terra di nessuno che divide le due Coree, ancora apparentemente in un regime d’armistizio (mi dicono che si son presi a cannonate qualche giorno fa, capita a ripetizione). Il padre era un militare, e lo vedi nel suo portamento, imponente anche se non altissimo, magro. Ha passato l’infanzia spostandosi ogni anno da un posto all’altro, da una base militare all’altra. Niente amici di lunga data, un continuo sradicamento, appena ha potuto rendersi indipendente ha vissuto a Seoul, dove ha scritto i suoi primi romanzi.

Professional writer: qui ne vien fuori una definizione curiosa. Come se si trattasse di un imprimatur ufficiale. Lo dice in un modo che mi porta a chiedergli se ci sia una Associazione Ufficiale come in Cina, una specie di patentino. Dice no: il passo fondamentale è quando uno scrittore importante, conosciuto, porta un tuo racconto su una rivista. Quasi automaticamente ti chiamano le altre riviste, le case editrici. Non è così diverso da quel che accade da noi dove però, gli spiego, anche autori noti poi arrivano alla fine del mese grazie alle collaborazioni con i giornali, con la tv, con il cinema. Alcuni insegnano, qualcuno entra in università. Young-ha dice: no. Da noi quando diventi professional sei praticamente protetto. Si occupano che tu abbia commissioni da riviste letterarie, l’industria editoriale fa in modo che i tuoi romanzi escano con regaolarità, ci son istituzioni che ti portano all’estero, giri il paese con un tour promozionale.

Quiz show, romanzo sulla televisione, è uscito a puntate su un giornale, per sei mesi, ed è il risultato della sua iniziazione nel 2006, a dieci anni da Ho il Diritto di Distruggermi. Dieci anni di collaborazioni radiofoniche (un quiz, appunto), e precariato universitario. Non vuol dire (passa oltre, con un gesto della mano) chi è stato il suo mentore, ma nel 2006 diventa Professional writer: “Potevo andare ai party!” ma ci ride sopra, non sembra molto interessato. Scrive Black Flower, romanzo ambientato in una comunità coreana in Messico: indicativo di quel che ha in testa.

Perchè è dopo i sopralluoghi in Messico che capisce sia ora di partire. Comincia con tre mesi in Sicilia: Lipari! Con la sua ragazza, un paradiso. Ma non è il suo posto, perchè è chiaro che quel che cerca dopo anni di nomadismo giovanile è una nuova patria, che non ha trovato a Seoul. Un anno a Vancouver, due anni e mezzo a New York (ma da solo). Produce poco, dice.

Dice: molto formativo, in realtà la vita nomadica ti stimola: avevo pagine e pagine di appunti, ma è venuto fuori solo un romanzo, che lui considera minore: I Hear Your Voice, scritto a New York.

E aloora decide di venire qui. E’ invitato al Festival del Cinema di Busan, il posto gli piace (il cinema meno: teme che un suo romanzo possa essere trasposto in un film, gli pare una cosa innaturale dice: se è un cattivo romanzo, ecco che va bene per il cinema). Si ferma. Scrive l’ultimo Murderer’s Memories. Sembra aver trovato un suo approdo. Vuole compranrsi una barca a vela, ormeggiarla nella marina in costruzione sotto questi grattacieli.

E cita la solita frase. Il secondo giorno più bello della tua vita è quello in cui compri la barca, ma il giorno più bello davvero è quello in cui la vendi. Gli dico che la mia l’ho prestata: è nelle mani di un amico. Risponde strano: bisognerebbe fare così anche con i romanzi. Pioviggina. Rientriamo, Ci salutiamo veloci, come fanno anche i cinesi del nord, che quando hai  finito di parlare diono ciao, si voltano e se ne vanno.


Categoria: Corea del Sud



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