In diretta dall'Asia

L’Asia in timelapse: gli scrittori la raccontano

L'Asia in timelapse: gli scrittori la raccontano
La rapida trasformazione delle città in Asia orientale travolge la classe media che le abita. Gli scrittori interpretano lo spaesamento individuale raccontando storie che interessano anche noi occidentali. Stessi temi, diversa velocità (o lentezza) di mutazione.

 

Il mio piccolo blog personale In diretta dall’Asia migra da oggi su Pagina99. Non potrebbe trovare sede migliore. Vedo crescere Pagina99 giorno dopo giorno, è interessante, ed è soprattutto curiosa: è una testata che ha voglia di scandagliare il mondo. Lo fa, tra le altre, con le lenti della cultura e dell’economia. E l’Asia che sto scandagliando io da qualche anno (l’Asia degli scrittori) ha molto da dire. Non solo su sé stessa, ma come utile elemento di confronto con l’Occidente in cui noi viviamo.

Perché di scandagliare il nostro mondo abbiamo bisogno, soprattutto in questi tempi di comunicazione frammentata e ipertrofica, delegata all’immagine o al luogo comune più facile che si aggiri per le nostre strade nel momento dato. Io sento il bisogno, al contrario, di concentrazione su pochi importanti temi sui quali si incardina oggi la nostra esistenza e quella delle nostre società. E poi di argomentazione, di discussione pacata nella quale riconoscere un filo, una logica che ti metta in comunicazione con il tuo interlocutore e consenta di giungere a una conclusione: anche quando alcuni dei pezzi di questa argomentazione sono narrazioni allo stato puro: romanzi, racconti, poetica, nude descrizioni dei luoghi che ci circondano e degli accadimenti.

Perché l’Asia, allora? E perché l’Asia degli scrittori? Perché quell’Asia (quella, diciamo, che dal subcontinente indiano si dirama verso sudest e verso est fino alle soglie del Giappone), un Asia che noi definiamo emergente ma che è ormai emersa da un pezzo, sta cominciando a somigliarci molto. Le sue classi medie conducono esistenze paragonabili alle nostre, e aumentano di numero. Ma tra loro e noi resta una differenza, che non è solo quella del diverso contesto storico e culturale.

La differenza sta nel movimento, nella velocità della trasformazione. Quell’Asia vive in un timelapse che costringe la sua classe media a un continuo processo di riadattamento: il percorso che ciascuno compie entro l’arco di un paio di decenni – passando magari dall’adolescenza all’età adulta, o dal momento dell’ingresso nel mondo del lavoro a quello della piena maturità esistenziale – è un percorso che noi abbiamo dipanato generazione dopo generazione: un secolo e mezzo almeno.

Faccio l’esempio più facile: da Madame Bovary a Elvis The Pelvis per noi è passato un secolo, per i ragazzi cinesi ventanni. E quel che è successo dopo, le nuove forme della famiglia e della relazione tra genitori e figli, noi l’abbiamo affrontato in cinquantanni, a loro ne devono bastare tre, quattro. Non ci sono rotture generazionali ma faglie interiori, fratture che impongono ricomposizioni, ripensamenti. Le ragazze indiane (sto parlando di classe media, di donne calate nelle enormi città del loro paese, non di quelle che ancora vivono nelle campagne dell’India profonda), a 35 anni, si sentono strette tra le donne che hanno solo dieci anni più di loro – ancora incatenate alla regola del matrimonio combinato – e le venticinquenni già avvezze a una promiscuità sessuale londinese, o newyorkese. Non hanno un punto di riferimento preciso: devono pensarci, discuterne, trovare le forme di comunicazione anche e soprattutto artistica che consenta loro di superare il gap: non bastano certo le immagini della pubblicità. Oppure: l’assegnazione del Nobel a Mo Yan sollevò qualche polemica, tra gli scrittori cinesi meno allineati, per la sua contiguità al potere. Mo Yan rispose fieramente: il mio nuovo romanzo, Rane, attacca la politica del figlio unico, è un romanzo dissidente. Aveva ragione: ma nel giro di un anno la politica del figlio unico è stata cancellata. Ora le famiglie di ceto medio sono già oltre e il tema è: come mantenere più di un figlio, nelle metropoli cinesi e con questi salari? Tutto è accaduto nel giro di diciotto mesi.

E’ interessantissima quest’Asia: anche perché permette a noi di riconsiderare ciò che avevamo per acquisito nel nostro pezzo di mondo. Si muovono loro, e possono utilmente smuovere noi.

Questo blog racconterà. Saranno brevi incontri con scrittori, editor, critici: non interviste, non mi interessano le loro parole di maniera, le riposte al giornalista. Mi interessa capire chi sono loro, come si muovono, i loro gesti, in che punto la voce si spezza o si apre in una risata cristallina, e perché. Descriverò una persona, il luogo del nostro incontro, e il tema che si impone: come un piccolo racconto, perché anche un piccolo racconto non di finzione è il pezzo di una argomentazione.

L’archivio, ciò che ho già scritto, resta sul vecchio sito. Da oggi si comincia con molti compagni di strada: gli amici, i giornalisti e i blogger di Pagina99, con l’augurio di durare più a lungo possibile.

 


Categoria: Asia



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