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La congelata Singapore, e il grimaldello sessuale (e famigliare)

La congelata Singapore, e il grimaldello sessuale (e famigliare)
Citta stato, città azienda: ma si è aperto uno scontro, sulla accettabilità (almeno letteraria) di ‘nuove forme di famiglia’. Bel grimaldello, per riscaldare gli animi in un paese che ne ha bisogno.

 

Singapore dunque: ma qui anche l’industria editoriale, i poeti, gli autori teatrali, in qualche modo tengono una distanza, portano su di sé il marchio di questo paese-azienda, segnato dai rituali di gerarchia, anche quando si tratti delle colossali sbronze d’ufficio del sabato sera. L’ho già scritto: chiedo ai miei amici quando mai nasceranno un Carver o un Ballard per questo ceto medio in cui gli individui sembrano repliche da uno stesso stampo (e perché non ambientare qui la nostra fantascienza anni sessanta, ricordo un vecchio film americano La Fabbrica delle Mogli, e si scopriva che le mogli venivano via via sostituite da androidi, più docili e servili, e allora a Singapore raccontiamo la fabbrica del quadro medio d’azienda, no?).

Ho incontrato a Pechino una scrittrice, che mi sembrava un po’ alla frutta, venuta in auge non tanto nel suo paese quanto in occidente, quando dalla Cina si attendeva lo scandalo sessuale femminile. Una donna che dopo il suo Beijing Dolls da grandi cifre – libro scritto prima dei diciott’anni, sulle ragazze della sua età, tutte un po’ dropout, in cerca di una direzione – non ha trovato la sua di direzione. Non è più riuscita ad andare avanti. Mi si è presentata in un caffè libreria molto spaventate, protetta da un interprete che non le serviva ad alcunché: Chun Sue, magra come uno stecco, un po’ abbronzata o semplicemente scura, del sud, teneva tra le mani un libretto giallo, una collezione di poesie: donne della sua età, i quasi quaranta. L’ho curato io, mi dice, ci tengo molto.

Non me lo dice lei, me lo dice l’interprete scozzese, un uomo tozzo e rossiccio, con lo sguardo vuoto dell’interprete, che si pone fisicamente come se di Chun Sue fosse una sorta di protettore, al punto che mi domando se i due stiano insieme: azzardo: vi conoscete? La risposta ambigua (dell’interprete, e non so se traduce lei o parla per sé), da parecchio.

In realtà un nuovo romanzo era in procinto di uscire, Light Year American Dream, ne è la traduzione inglese del titolo. Glie ne chiedevo. L’interprete faceva in modo di non rispondermi: alla fine mi ha detto che erano informazioni riservate! Dovevo aspettare i lanci d’agenzia. Ma quel che resta impresso, di una chiacchierata piena di nonsense per cui a una mia domanda (cosa hai scritto dopo Beijing Dolls), lei spara una serie di frasi, alcuni minuti, e lui traduceva “solo poesia”, è la sua postura, come una gattaccia di strada tenuta incatenata dallo scozzese al suo fianco piantato lì come un paracarro, e lei sembra strattonare un guinzaglio. Il risultato è che, essendosi lei seduta a fianco di una scaffalatura appesa al muro, per ben tre volte tre ha uno scatto all’indietro e picchia la testa nello spigolo dello stesso, lamentandosi più per l’offesa subito che per un dolore. E lo scozzese non fa una piega.

A Chun Sue chiedo: mi porterai un po’ in giro per la Pechino di notte, a vedere animali strani (non dico così) come te? Lo scozzese emette fumo dalle narici. E poi le dico: ma perché non ci scrivi la tua, di storia? La storia della scrittrice scandalo colpita e affondata?

E allora, a Singapore, dove lo trovo uno o una così? Questa è la mia domanda senza risposte perché gli amici miei non la vogliono sentire. Gente così la trovi altrove: nei casinò, nelle agenzie dove si scommette su ogni possibile sport da tutto il mondo (truccando previamente i risultati, vedi calcio in Italia). A Singapore Chun Sue l’avrebbero già ancorata a qualche reparto di psichiatria: che si riempia di Prozac anche lei, come gli altri. Come a Milano.

Poi, atterrando nella città stato città azienda, gli amici mi raccontano che qui sta succedendo qualcosa di nuovo. C’è un dibattito in corso, acceso. Fazioni a confronto, boicottaggi. E’ successo che la National Library ha deciso di rimuovere dai propri scaffali tre libri per bambini, di origine europea o americana, nei quali si faceva cenno alla molteplicità di tipologie famigliari che ci troviamo attorno (noi occidentali). La si racconta come ‘la storia dei pinguini’ perché uno di questi libricini raccontava (fatto vero, peraltro, accaduto in uno zoo americano) la storia dell’uovo misteriosamente non accudito dalla madre e dei due pinguini maschi che, in coppia, decidono di covarlo fino alla nascita del piccolo.

Ventimila firme di uomini e donne offesi chiedono che il libro sia rimosso, e così è stato. E sui giornali non si parla d’altro, anche perché molti intellettuali – gay o non gay – per protesta si dimettono dalle loro posizioni: di giudici per il Singapore Literature Prize, di dirigenti del Singapore Writers Festival.

Con un paio di amici poeti commentiamo una nostra vecchia profezia: sarà la ‘gender issue’ il grimaldello che farà saltare l’imbalsamata corazza entro cui si rinchiude Singapore. E forse, una sana discussione (questa invece, che in Occidente ancora non abbiamo affrontato) sulla famiglia in quanto tale, sul suo frammentarsi e frastagliarsi con l’introduzione del divorzio e la moltiplicazione di stepmothers e stepfathers (in italiano manco abbiamo le parole per dirlo) e step-parenti di ogni tipo.

Bene allora. Uno, perché questo non è che un grimaldello in un paese dove liberals e conservatori raramente hanno l’occasione di cominciare qualche utile schermaglia dialettica. Due, perché forse noi Occidentali (che la gender issue l’abbiamo affrontata da tempo) avremo qualcosa di nuovo da imparare (come la affrontano loro?) e qualcosa da insegnare. Insomma c’è da parlarsi, non tra padroni del mondo e lontana Asia, ma come soggetti ormai sullo stesso piano, alle prese con le stesse questioni.

Comincia oggi Bridging Cultures. A me toccano tre dibattiti, che ho proposto e ottenuto. Sulla curiosità reciproca, tra noi e gli asiatici (e gli chiederò se loro pensino di essere un nostro possibile futuro). Sulla traduzione (e ne abbiam da dirci, io tradotto a Singapore e editore di romanzi singaporeani in Italia, ambientazioni lontane anni e migliaia di chilometri tra loro). E sul rapporto tra lingue e politica, quella battaglia tra l’inglese e il cinese che vedo profilarsi all’orizzonte come prova generale per un confronto geopolitico che sarà più aspro: li smuoverò, i miei amici di Singapore? O ci vogliono le cannoniere per riportare alla vita questo ceto medio suburbano in tempo di eterna pace? O basterà il grimaldello del sesso omosessuale, e delle nuove famiglie?

 


Categoria: Singapore



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