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Hong Ying con Di An: sul tetto

La incontro su un tetto: quello del Bookworm, caffè libreria di stampo anglosassone, che nella primavera Pechinese comincia a portar su poltroncine in vimini e tavolini bassi. Una terrazza ancora piena di materiali di scarto, travi e sacchi di calce, che andranno portati via in fretta, perchè in questa stagione a Pechino si vive all’aperto e questo tetto deve rifiorire, come ogni anno. Saliamo una scala di ferro esterno, come fossimo su una antiincendio newyorkese, al terzo piano di quello che era semplicemente un capannone industriale ventanni fa, accompagnato da una manciata di edifici identici oramai circondati dai grattacieli più alti della capitale.

Beviamo birra, la Tsingdao locale, a dispetto dello stile e del profilo pubblico di Hong Ying, che imporrebbe un tè leggero, bianco. Bastano i titoli dei suoi romanzi tradotti in Italia, a definirla: K. l’Arte dell’Amore, Gli amanti del Tempio, La Regina di Shanghai, La Donna Vestita di Rugiada. E’ questa la ipernicchia attorno alla quale si stringe la nostra industria editoriale: le donne, il loro vissuto – vocabolario di nicchia anche questo – e dunque i loro amori, la relazione con il maschio, con l’amante, con l’amore della propria vita, con il carnefice sentimentale. Finchè questa letteratura al femminile esisterà, il libro non potrà morire, i break even si faranno.

A me quella letteratura non piace, o non mi interessa, ma Hong Ying sì. Sguardo sveglio, vivace, di chi forse sa che invece la relazione tra gli uomini e le donne si nutre di utile e gradevole malizia. Oggi ha portato con se una giovanissima autrice sulla cresta dell’onda: si dice che Hong Ying costruisca con generosità relazioni tra gli amici autori e l’editoria occidentale che lei frequenta con facilità: ha un marito inglese, e una casa di vacanze, per l’estate, nelle Marche.

La giovane – il suo sguardo spaventato nei grandi occhi rotondi mi farebbe scrivere: la ragazzina: ma va per i trenta - non è nè bella nè maliziosa: non è un omaggio per me, insomma. Con Hong Ying ricordiamo un nostro primo incontro a Venezia, e mentre ne parlo Hong Ying le dice alcune frasi in cinese, e ride, il che mi irrita alquanto: sono già al centro del gossip? Ma la giovane – e altissima – Di An, almeno a giudicare dall’espressione non sembra darle troppa corda.

A Venezia avevo costretto Hong Ying a vagare per una buona mezzora alla ricerca del Bauer, l’albergo dove alloggiavano gli ospiti di un bel festival letterario (Incroci di Civiltà), tra i quali il mio amico Zhu Wen. Uscivamo dalla casa della baronessa, dove una noiosa festa d’apertura ci aveva almeno regalato la vista notturna del canal grande, ma Hong Ying fece l’errore di dirmi che il Bauer era di fianco a Rialto: e così, seguendo le fecce gialle nelle calli, con lei e Zhu Wen che mi chiedevano se fossi sicuro di quel che facevo perchè ricordavano un percorso di pochi minuti – e Zhu Wen le diceva, sapendo di farmi incazzare: Andrea è un anziano signore, sa senz’altro quel che fa – ci facemmo una bella mezzoretta di passeggiata sempre più nervosa, che conclusi dicendo: non dovevi parlarmi di Rialto, e lei, godendosi il proprio femminile disorientamento rispondeva civettuola, mi son sbagliata, intendevo dire San Marco.

Di questo forse prova a ridersela con Di An. Frasi in cinese. Chissà: ma intanto noi che ci facciamo sul tetto?

Niente, praticamente. Pochi accenni ai loro libri, un lungo excursus sulla casetta nelle Marche, a Force: giravano in macchina, lei e il marito, salgono una strada tortuosa e trovano questo vecchio cascinale abbandonato: se ne innamorano, lo comprano per  niente, lo ristruttura il marito con i soldi dei romanzi d’amore di Hong Ying: ma è un romanzo d’amore anche questo, raccontato così. Si sentono i violini. Eppure questa donna ha forza, sa stare al mondo: sa giocare con la propria immagine e con una bellezza non ancora sfiorita.

Come posso non dimenticare l’incontro pubblico a Venezia? Dal palco del teatro Zhu Wen rispondeva a tono alle domande della traduttrice, con il suo sarcasmo, le battute un po’ nonsense, ma restando in tema: un dialogo. Hong Ying praticamente le ignorava, le domande. Il pubblico intuiva la rabbia della traduttrice italiana, nota esperta di letteratura cinese, perchè la nostra Hong Ying diceva quel che le pareva, e quel che le pareva era magnificare il nostro Belpaese, e raccontare, ancora una volta, la sua casa di Force, e i paesaggi e i musei toscani: come se niente fosse.

La deliziosa Hong Ying, per qualche strana ragione, è riuscita in Cina a farsi pubblicare intonsi dalla censura romanzi in cui spesso gli amanti si infilano tra le lenzuola, e qualche vocabolo antisistema passa: il “tocco leggero delle sue mani”, la “foga”, “l’eccitazione” di lei. La censura in materia sessuale segue vie tortuose, di recente la raccolta di racconti di un giovane autore è stata bocciata perchè narrava la crescita di un ragazzo, da bambino a uomo, attraverso le sue prove sessuali: l’attrazione per la professoressa e  la sua sensazione di esserne incoraggiato, il ricatto sessaule della ragazzina più grande di lui, l’imperizia dei primi tentativi con la fidanzatina. Viene da pensare che la censura sappia distinguere, con arguzia, tra il vero e il romanzo d’appendice (oggi, quando è al femminile, lo si definisce chiklit): e al chicklit gliela da buona, perchè essendo parodia della realtà, non può avere effetti indesiderati sulla realtà dei lettori: non disturba loro, e non disturba il potere rigidamente costituito, che come sempre ha bisogno di morali sessuali irrigidite.

Comunque Hong Ying non sembra affatto impresssionata quando le cito due miei possibili nuovi acquisti, da pubblicare in Italia: Yan Lianke e A Yi. Ricorda con perfidia la timidezza assoluta di A Yi, la sua incapacità di spiccicar parola ai cocktail. Del mio Han Han fa spallucce.  Dice: devi incontrare Di An, un giorno, intervistarla. E le sorride, e la ragazza arrossisce. E’ la nuova generazione. Me lo fa promettere.

Eppure mi piace Hong Ying. Cinquantenne fresca, superato questo primo impatto su un tetto forse troppo newyorkese, mi inviterà davvero a cena da lei, mi presenterà davvero altri autori. Capisco la capacità di condurre un’esistenza serena e quindi aperta a chi le sta intorno, e me lo confermeranno: sì, lei è una che mette in collegamento le persone. Sposata a un britannico, non ha preoccupazioni economiche, scrive quel che le pare, e il fatto che quel che pare a lei coincida con quel che l’industria editoriale adora fa comodo. Ne colgo anche una fragilità: nomino una nota dama di corte della società letteraria – femminile – pechinese, e ho l’impressione di sentirle un tonfo nel cuore, una ferita: la malizia, il gossip, funzionano nei due sensi. So che suo marito è più anziano, so che viaggia spesso, e allora mi immagino che con l’empatia che quando vuole Hong Ying sa mettere in gioco, poi lei di materiale per i suoi romanzi ne raccolga parecchio. Non di sola fantasia insomma.

Speriamo non sappia leggere l’italiano e questo commento. Spero di frequentarla, passata l’imsopportabile estate Pechinese che lei trascorre in collina, nelle Marche. E’ simpatica, piacevole, quel tipo di persona che sa che la sincerità nelle relazioni con gli umani passa attraverso qualche bugia. Mi resta un dubbio: l’ha imparato in Europa (l’ha copiato?) o è farina di sacco cinese?

A Venezia, dopo una cena, io e mia moglie uscimmo dal ristorante passeggiando mano nella mano. Zhu Wen e Hong Ying ci seguivano e, secondo il cinicone Zhu Wen, lei era autenticamente felice di vederci mano nella mano: si compiva il suo romanzo.


Categoria: Cina



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