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C’è un Ganesh in Cina?

Tra due giorni sarò in Cina, è vero, però nel frattempo ci si vede via Skype o ci scrive anche con gli amici indiani, e con le amiche, e si parla di tutto, magari dei loro bambini, e poi vien fuori il discorso su Ganesh (e di questo Ganesh dovrò raccontare anche agli amici cinesi e pensarci un po’ su con loro). Ganesh, delle tante divinità indiane è sicuramente (parlo per me) il più simpatico. Corpo di uomo e testa di elefante, sorridente, con più braccia e mani che impugnano… arnesi: arnesi da artigiano, a me vien da dire, anche se a volte si riconosce il fiore del loto, o un ascia, o uno strumento di caccia. Sulle bancarelle trovi di tutto: Ganesh che dipinge, Ganesh con il computer… Rappresenta la creatività e la fertilità, la capacità di unire gli opposti e di riconciliare le dicotomie: perché nasce lui, da una bella opposizione tosta, la dicotomia – chiamiamola così – fondante: le corna.

Le corna che Parvathi, sposa nientepopodimeno che del grande Shiva, una delle divinità della Triade suprema, impose al suo consorte lontano da casa, impegnato a combattere una guerra. E Shiva, tornando a casa e trovando un bambino nato da poco (troppo poco) viene preso da furore e gli taglia testa. Si dispera Parvathi, si disperano le divinità tutte, e si dispiace Shiva del suo atto: allora prende una testa di elefante, e la attacca al corpo del bambino. Che, crescendo diventa rapidamente il suo figlio preferito.

Non è sempre raccontata così, d’accordo. Anzi le versioni del mito sono più d’una e questa è la più debole: ma a qualche amico mio piace così, e mi si dice che per molti indiani così si dipana  il racconto mitologico più amato. Anche perché poi Ganesh protegge e incarna gli artisti con le loro multiformi personalità, ovviamente. E gli scrittori.

Insomma questa versione dice che: scacciati da una tradizione, spezzata una discendenza, ricostruita una continuità posticcia ecco che nasce la personalità creativa. Allora pensiamo a qualche amico scrittore indiano (è inevitabile: sono autori pubblicati dalla mia casa editrice e non mi va di fare i nomi, sembra pubblicità).

Parliamo di A. che è ateo! Ateo in India, lui e sua moglie, e di necessità il loro bambino che a scuola non si sa bene dove piazzare in un paese dove le confessioni religiose son sempre lì: induismo, buddismo, islam, perfino gli zoroastriani e poi i cristiani di due tipi, anglicani o cattolici. E Teosofia, se ci pare. No, ateo: fuori dalla famiglia, e fuori dall’istituzione scolastica: quanta fatica per A! E allora lui, medico chirurgo, scrive. Cerca ragioni e sragioni nella storia dell’India, poi immagina una fiaba pop che ha che fare con l’industria del porno. E che altro farà ora?

Parliamo della Z. , giovane donna, giornalista in caccia –soprattutto – della violenza sulle donne: che famiglia ha alle spalle non siamo mai riusciti a capirlo, c’è solo una madre, di cui lei si occupa come in una inversione del rapporto genitore figlia. E Z. scrive: poesia, reportage.

Parliamo di Meher Pestonji, di famiglia parsi, zoroastriana, che osa (osa!) sposare un cattolico e farci una figlia. Cacciata dalla famiglia, esiliata da una tradizione e da un contesto e da una storia, Meher scrive: racconti sui parsi, certo.

Ben, finalmente torniamo alla Cina, allora. Le domande sono tutte relative al: dove ce l’hanno il Ganesh, i cinesi che scrivono? Mettiamole in fila, le questioni. Rivoluzione comunista: almeno cinquantanni di rottura totale con il passato, con qualunque tradizione storica, negata e reinterpretata. Nessuna eredità culturale per le generazioni giovani. Solo un passato (Rivoluzione Culturale, Mao) negato nella sua semplice verità storica, ma reso presente, a mo’ di icona: come se Mao fosse il qui adesso. Un presente confuso, incerto nella sua direzione futura. Come a dire, insomma, che anche qui la testa è stata tagliata, ma non ne compare una nuova, non ancora.
Il problema poi, è che sono tutti figli unici, perché la politica di controllo delle nascita così ha imposto per quarantanni: un solo figlio per ogni coppia. Se lo raccontan tutti: è questo il nostro individualissimo  disturbo collettivo.

E poi: il padre vero, il padre di tutti, è il Partito: e una rivoluzione democratica di che Edipo si nutre?

 


Categoria: Cina | India



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