In diretta dall'Asia

Appunti a caldo su poeta e bottiglie

Cambio di scenario: Singapore, e qui rivedo tanti amici, brevemente, se riesco più a lungo. A qualcuno chiedo una vera e propria intervista: di solito ne vien fuori una sorta di autoracconto, ripercorriamo tappe dell’esistenza, qualche snodo comune a tutti: quando ha cominciato a leggere, quando a scrivere. E sempre: perché un lavoro diverso, che nulla ha a che fare con la scrittura?

Con il poeta bancario Hsien Min, viene fuori, invece, un pomeriggio davanti a una bottiglia. Mica niente: Sancerre 1999 (ha 550 bottiglie collezionate, se le fa spedire da un corriere specializzato di Londra, e le apre, sempre, quando ha un amico a casa).

Casa che certo sta a ridosso di Little India (il quartiere anomalo, dove la Singapore ordinata e scintillante cede il passo alla confusione delle spezie), in una vietta di antiche shophauses (il porticato davanti al piano terra dove anticamente stava il negozio-magazzino e al piano superiore l’appartamento, magari uno stanzone di 200 metri quadri) che vengono via a 2 milioni di Euro l’una, e poi certo il wet market, dove si vende ogni tipo di strano crostaceo sia possibile immaginarsi, ma la sua è una costruzione bruttina e moderna, l’appartamento sembra una stanza d’albergo, mobili da Ikea superior scuri, un televisore piatto enorme: questo poeta finanziere sorprende sempre – finanziere, non esageriamo, lavora per un banca nel Singapore Financial Centre, compone studi per “modelli di default”: e dice che non potrebbe fare lo scrittore a tempo pieno. Ovvio, la sua è poesia, e non ci si alza la mattina per comporre poemi alla scrivania otto ore al giorno. Nemmeno si guadagna abbastanza (benché lui, miglior poeta giovane del paese, sia abbonato ai molti premi di Singapore, che denari per i suoi scrittori ne ha disposizione e li elargisce). Ma il discorso è interessante e davanti al Sancerre succede quel che gli avevo preventivato: che io, europeo, scrittore, io che sto componendo un libro sugli scrittori asiatici perché penso possano farci da specchio: quest’Asia che cresce, e forma una nuova classe media che ci può fare da specchio, un Altro simile a noi che affronta le stesse tematiche che affrontiamo noi: e chissà se ci sia qualcosa di nuovo. Io mi trovo a parlar di me tanto quanto lui parla di sé.

Mi rimane impresso un discorso di sradicamento: tutti loro che tornano nel quartiere dove son nati, dove han passato l’infanzia e l’adolescenza, e lo trovano stravolto, nuove costruzioni, nuove vie. Un dispiacere evidente che attraversa non solo gli scrittori, ma anche la gente comune. E per la maggior parte son cinesi, di immigrazione se non recente nemmeno lontana: quando gli chiedo da quale zona della Cina provenga la sua famiglia lui fatica a individuarla: non ci sono legami da parte di nessun ramo famigliare.

Son solo appunti a caldo, come ho titolato. E quindi ora due immagini chiare.

Quando lui mi dice da un lato lo sgomento di fronte alla pagina bianca e dall’altro l’incapacità, una vera e propria idiosincrasia verso altri linguaggi intellettuali: non sarà mai giornalista, non sarà mai insegnante, lo ha giurato a sé stesso. Quindi modelli matematici per la finanza (e prendeva sempre i voti peggiori, in matematica).

Quando vuole dirmi come si sente male quando non scrive: incassa le spalle alza i pugni di fianco alla testa, chiude gli occhi e dice: you feel like, you feel like, vibrando di rabbia e ribrezzo.

Lo specchio qui rappresenta un rischio, per lo scrittore ora scrivente: che io mi metta a scrivere di me. Un agente italiano mi ha suggerito: fai autofiction (accento sull’ultima o: in francese). E io giustamente ho risposto: ehi, non sono mica Agassi, o Limonov. Se parlo di me che gli racconto.

Ma a Hsien Min quel che racconto di me interessa. E il pomeriggio è quel che dovrebbe accadere – nella vita delle perone normali – almeno una volta alla settimana: due uomini a un tavolo, la bottiglia in mezzo, a parlar di tutto e dopo son passate quattro ore e non te ne eri accorto.

Informazione finale e finale dello scambio. Il gin, che credevo – l’ammetto, in vino son ferrato, in superalcolici no – di più banale composizione, dal grano come la vodka, che so, è un distillato di molteplici ingredienti: il Bombay Sapphire ne ha dieci, ciascuno distillato separatamente, e il ginepro è italiano, gli altri dall’India, dall’Africa dall’Europa. Bisognerà studiarla, questa cosa. Finale dello scambio: il poeta Toh Hsien Min alle Cinque Terre, sotto Natale: bella connection, Singapore – Monterosso al Mare. Lui adora, le Cinque Terre.


Categoria: Singapore



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