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Diario Pechinese: Chu Chen Books

Chu Chen Books: entrare nel sito di un editore indipendente cinese è sempre uno sconquasso. Neanche i grandi, che muovono milioni di Euro, hanno mai una sezione in inglese, bisogna provare con il traduttore automatico e il risultato è nonsense, non si sa se ridere o piangere. Traducendo in inglese si migliora, ma si continua a capire poco. Chu Chen però lo incontro di persona una domenica, forse per caso forse no a casa del mio amico Zhu Wen, scrittore e regista.

Chu Chen non parla inglese, arriva nel primo pomeriggio e assiste silenzioso alla conclusione del nostro pranzo leggero, fatto in casa – Jin Zi, giovane moglie di Zhu Wen, oltre che attrice è ottima produttrice di sottolio, di raviolini di pasta di riso tirata a mano con il mattarello, e di infusi alcolici di ogni possibile spezia, dall’aglio al peperoncino a erbe di cui non troviamo, anche qui ahimè, un equivalente in inglese.

La funzione apparente di Chu Chen è quella di riaccompagnarmi in città in macchina – Zhu Wen abita fuori, in un compound kitch di forme architettoniche parigine, un Arc de Triomphe in miniatura dentro a un giardino con la siepe a labirinto e il tempietto neoclassico, alle soglie del quinto anello, a fianco della sezione nord del parco olimpico che dallo stadio di Kolhaas (The Nest) si allunga su per quasi quindici chilometri di verde: per Zhu Wen il parco è buona arena alle scorribande di Wudao, bastardone bianco entusiasta, pelo lungo e lingua sempre fuori.

Lungo la strada del ritorno, seduti nel SUV azzurro, le sorprese sono due. Chu Chen – capelli a caschetto, un po’ lunghi: è un poeta – mi parla in un discreto francese, ma con lentezza, e scandisce ogni parola come se dovesse ogni volta trovare la traduzione al vocabolo cinese che gli attraversa la mente. Io parlo un francese mal pronunciato, devo ripetere le mie frasi, e quando lui capisce mi corregge. La seconda sorpresa è che gli uffici della Chu Chen Books sono esattamente di fronte al portone di casa mia: passa a trovarmi quando vuoi, mi dice, e sarà l’inizio di una buona frequentazione.

A casa di Zhu Wen, Chu Chen aveva destato impressione (in me): ha portato la traduzione in cinese della Coscienza di Zeno da lui pubblicata – dico a Zhu Wen, dovresti leggerlo, Svevo è un autore che per certi aspetti ricorda le cose tue, lui getta con noncuranza il volume sul tavolo, mi dice che è una cattiva traduzione: coatto, liumang, sbruffoncello come sempre Zhu Wen.

Eppure i due sono amici: vengono dall’epopea di Tamen, storica rivista di Nanchino che tra la fine ottanta e i primi novanta sfidava la censura a colpi di poesia. Hanno cominciato insieme, ciascuno ha preso una strada e si sono ritrovati a Pechino: per gli scrittori e i poeti tutte le strade portano a Pechino.

Nel suo francese balbettato la simpatia di Chu Chen è devastante: ti mette sempre a tuo agio, a sorseggiare un te nel suo ufficio, o davanti a un solito pranzo colossale – ci vediamo a pranzo? Passo da te alle 11, si comincia bevendo qualcosa e si torna al lavoro non prima delle tre.

Una sera mi porta alla festa di premiazione per un film il cui regista riporta a casa una statuetta dal Parigi Film Festival, la mostra a un centinaio di amici riuniti attorno alle tavolate, e la prevista proiezione non comincia mai, passano sullo schermo immagini verdeggianti della Mongolia Interna, armenti al pascolo e torrenti scroscianti, ma le luci restano accese, il regista, gli attori, i tecnici si alternano al microfono a raccontar barzellette – così mi dice Chu Chen, ma tradurmele in francese non è semplice – poi cominciano a cantare e a rinverdire la tradizione mongola, e quando arriva il gruppo folcloristico lì’ già ballano tutti, hanno bevuto troppo per ricordarsi del film, nessuno ha voglia di vederlo, dopo un tre quattr’ore pian piano gli ospiti prendono la via di casa – come si fa qui: nessun saluto, nessun salamelecco di congedo, semplicemente ce ne andiamo.

Un piccolo editore indipendente: significa che non ha i codici ISBN, per ottenerli deve diventare una sorta di dépendance – il francese è utile – di un grosso gruppo di stato. C’è quindi un sistema di controlli, di tangentucole e vassallaggi, ma Chu Chen Books ha un bel catalogo, con i lavori minori di nomi importanti come A Yi, Su Tong, o lo stesso Zhu Wen, e un bel mazzetto di traduzioni dall’estero, anche dall’italiano: Giordano, Eco, Calvino. Poi Kafka, Joyce, Zweig, molti svedesi. Qui non sempre c’è esclusiva nazionale, lui dipende dalla casa editrice dell’università di Chonquing, megalopoli del sud, ma poi è distribuito in tutto il paese.

Sono sempre alla mano, i cinesi. Almeno lo sono i letterati, o chi fa cinema – meno gli artisti, che vivono di status e quotazioni sul mercato legate tanto ai loro lavori quanto alle frequentazioni – non c’è un giudizio professionale che intersechi un giudizio sulla persona, sui suoi comportamenti privati, perché anche davanti a cento persone puoi permetterti di ubriacarti fino a cadere in terra, e non cambia nulla.

Non c’è necessità di convenevoli, leggendaria ruvidezza che tiene a distanza molti occidentali – non me, io ci sguazzo – eredità popolare e popolana di un paese che ha costruito una classe media composta di figli di contadini, che ricordano giorni d’infanzia nei villaggi, rivendicando – questo sì con orgoglio, quasi fosse un dato di status – la miseria delle loro origini, e conservano i comportamenti schietti del nostro popolo più vero anni sessanta – di cui io sento la nostalgia: e ci sto bene, in questa Cina.

Capodanno Lunare domani sera. Pochi giorni fa sono andato a cercare Chu Chen in ufficio, invano, era già a casa a fare le valige. Va nella regione di Nanchino, sul fiume azzurro. Pechino si svuota, si torna al paese, dalla famiglia. Ma al telefono, io dico che ho da sempre in programma di passarci, da Nanchino, a visitare una sua storica libreria, e provare a incontrare qualche scrittore noto, Su Tong, Han Dong: “Tu es le bienvenue,” risponde sereno Chu Chen. Lasciamo passare le feste di famiglia, poi ci vediamo lì.

Buona occasione per richiedergli, ancora: ma cosa vuol dire quel logo, della Chu Chen Books? Me lo rispiegherà in francese, io non lo capirò per l’ennesima volta.

Ma ci si intende, con Chu Chen.


Categoria: Cina



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