In diretta dall'Asia

Il romanzo di Lijia

L’ho incontrata più volte. L’ultima era qui.

Chi sia lei è chiaro: se non bastassero le descrizioni precedenti mi vengono in mente un paio di cene nella sua popolarissima casa lungo il canale piena di oggetti portati da tutta la Cina, da tutta l’Asia, dalla mitica Gran Bretagna. Le sue due figlie di cui non capisco l’accento inglese, tanto è volutamente oxfordiano quando è il caso, slang americano se invece questa è l’occasione. Ho partecipato a una cena alla quale insieme a me ha invitato i due caporedattori di n+1, rivista newyorkese very cool, ben piantata in mezzo a quello che era Occupy Wall Street. O al ‘dinner party’ (così lo definiva) che salutava la partenza da Pechino di Alex, la storica direttrice del caffè libreria (e festival letterario) Bookworm, dopo 18 anni. Eleganza popolare, posso descriverla così? Lei con i suoi vestiti a fiori, gli ospiti sempre molto casual come si fa  a Pechino, dove è già tanto una giacchetta leggera anche per un incontro business.

Come ho gia’ linkato prima, operaia, poi oxfordiana, poi giornalista e scrittrice: ma questo romanzo arriva o non arriva? Ogni persona con cui parlo di Lijia Zhang mi fa questa domanda. Sono sette anni che la signora è al lavoro. Tutti ne conoscono l’oggetto: la vita di una prostituta, lungo alcuni decenni di storia cinese recente.

E’, ovviamente, un testo in inglese (Zhang Lijia non supererebbe la censura dopo il suo primo libro sulle insurrezioni operaie di Nanchino a fine anni novanta – ma è tutto da dimostrare: credo che lei consideri ormai l’inglese come la lingua della sua scrittura, da giornalista e commentatrice televisiva o radiofonica, e poi la versione inglese gira più facilmente il mondo). E’ un testo di cui mi ha parlato almeno tre volte: intendo dire che ci siamo seduti al tavolino tre volte, e sempre ne ho capito poco, sempre Lijia divagava, sempre non sono riuscito a capire a che punto è o se c’è davvero una prima stesura, se l’editor indiana (bella connection, questa) che le ha letto la prima stesura le ha dato parere positivo o meno, e cosa lei stia facendo adesso del suo testo.

Ma è chiaro che l’argomento scotta. Scotta, scopro, nelle mani di una donna la cui nonna tale era: una prostituta. Notizia che le fu data (e questo l’ho saputo solo al terzo incontro), da sua madre, dopo la morte di Granny. Granny con cui lei ha passato l’infanzia nelle lunghe giornate in cui la mamma era fuori, Granny a cui lei era molto legata, senza saperne nulla, senza sapere che sua madre era orfana.

E come sempre, di un argomento che scotta se ne sente il  calore rovente senza poter individuare con esattezza la fonte di quel calore. Lijia parla di ricerche. Dice di avere percorso in lungo e in largo la Cina, a incontrare ragazze, a farsi raccontare la propria vita. Un paese dove, sotto traccia, si capisce che la prostituzione fieramente condannata dalla legge (c’è, o c’era la prigione per i clienti colti sul fatto) è invece fatto comune, quotidiano, miscela di incontri di lavoro, sigillo a contratti d’affari, oggetto di rimpatriate con vecchi amici: è l’Italia del dopoguerra, pre legge Merlin, quando i casini erano aperti e i nostri scrittori ne narravano.

In Cina i bordelli sono fuori legge: ogni chiusura alla libertà d’opinione (opinione politica e sociale) trova il suo collante nella censura dei comportamenti sessualmente più spinti, delimita per legge il recinto della trasgressione. Ma le strade cinesi, le città grandi e piccole, i villaggi, sono tutto un fiorire di centri massaggio, e non è difficile capire cosa ci sia dietro un invito a qualche ora  di relax da parte di qualcuno con cui stai per chiudere un affare.

Come non pensare al crogiuolo di ossessioni con il quale Lijia affronta proprio questo argomento? Non solo la nonna, dunque, magari anche i compagni, i conoscenti, lei donna di mondo che vuole ricordare a tutti di venire da laggiù, dall’occidente presunto come mondo a parte.

Al punto che il romanzo germina da un racconto scritto a Oxford, sedici anni fa, dopo la morte della nonna e lo shock. Ed è un docente che la incoraggia a proseguire: le dice, questo è il tuo tema. Due personaggi allora: la modella e il fotografo. 23 anni lei, 39 lui. Lei fa il mestiere, lui ha, a sua volta, un’ossessione: deve guadagnare molti soldi, per aiutare un fratello, sostiene. Non sappiamo se sia verità. La fotografa nuda, e la odia: dice di odiarla perchè prostituta.

C’è un plot Lijia? “Oh, il plot non è un problema.” Ma sono seicento pagine! “Sì, ma a me interessa il profilo psicologico dei personaggi.”

A un certo punto lui, dopo averla perversamente odiata, se ne innamora. Vanno a letto. La storia non funziona: “Non la loro storia d’amore: la mia. Ho tagliato quella parte, ho ricominciato da capo,” dice Lijia

Poi mi dice una cosa un po’ troppo imnpegnativa: a me piacciono certi personaggi femminili della letteratura. Anna Karenina: lei, il suo profilo psicologico, ma anche tutta la società che la circonda. Dice una bella cosa: che i romanzi cinesi, oggi, dovrebbro sempre portare con sè una certa tensione, riprodurre le tensioni che percorrono la società, che è terribile.

Sette anni di lavoro: adesso è tempo di concentrarmi e scrivere e finirlo. Me lo disse anche un anno fa. Sta cercando di diradare i suoi impegni da giornalista: avere almeno la mattina a disposizione per scirvere. Ma la sua vita è la vita di una signora expat a Pechino: lo yoga, la scuola di danza del ventre. Oggi ha fatto la sua prima lezione di nuoto: vuole imparare a nuotare a farfalla! E se la chiamano a moderare incontri, a tenere discorsi in pubblico, non  riesce a dir di no: “I feel compulsed.” Non pare una donna disposta a fermarsi, a concentrarsi su un libro. Che infatti prosegue a spizzichi e bocconi, così come a spizzichi e bocconi va avanti questo nostro ennesimo incontro.

Che ha pensato a un non fiction, ma poi ha capito che veniva meglio come romanzo . Che la cosa più difficile è restare legaati al gergo basso, popolare, rirpodurre quello slang da bassifondi. Che in realtà ciò che più la turba è la figura del fotografo, che lui vede come un pervertito sessuale. Che nel suo paese c’è una carenza forte di responsabilità sociale. Che lei non scrive per il pubblico: questo romanzo, dice, è per me.

E le prostitute che ha incontrato, ripeto? Ripeto ancora e sempre questa domanda, davanti alla quale Lijia divaga: io penso che la sua reazione inconscia la porti verso sua nonna. o a qualcun altro. Un ricordo che cancella tutto il resto.

“Le ragazze le incontri, ci parli, raccontano, poi scompaiono, cambiano numero di telefono, nella maggior parte dei casi non hanno un protettore, lavorano da sole e cambiano città di frequente.” Ne resta una: Lan Lan, la chiama. Perchè l’ha conosciuta attraverso una Ong che si occupa delle ragazze, e lei è diventata una specie di attivista. Si vedono, si incontrano.

E’ la tua protagonista, dico.

No, no, riponde. E’ troppo diversa. E poi lei ora è un’amica.


Categoria: Cina



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